
Popolo della Libertà - Lodi
La polemica sui “licenziamenti facili” è figlia di una cultura ottocentesca che ignora i cambiamenti del mercato mondiale ed è oltraggiosa per l’intelligenza degli italiani: già ora nelle aziende con meno di 15 dipendenti, dove lavora circa la metà degli occupati, non vige la giusta causa. Purtroppo oggi, ma già da qualche anno come sappiamo, si va dipanando una campagna fatta di ipocrisie e falsità, che tende a rovesciare come un guanto il senso delle cose...
E se ora il governo si propone di intervenire sui contratti di lavoro, seguendo la strada indicata dal disegno di legge presentato dal senatore dell’opposizione Pietro Ichino, è solo per aumentare la competitività del Paese, aprire nuovi spazi occupazionali per le donne e per i giovani, e garantire a chi perde il lavoro l’aiuto della cassa integrazione per trovare una nuova occupazione.
Il problema è di ridurre le cattive abitudini, scongiurare un’estensione abnorme del lavoro precario, offrire un futuro qualificato ai giovani e alle donne rimuovendo solo e soltanto le rigidità improprie che impediscono l’allargamento della base occupazionale e produttiva, per avvicinarci agli obiettivi del Trattato di Lisbona sulla partecipazione al mercato del lavoro, purtroppo ancora lontani.
Il lavoro è cambiato. Sono cambiati i bisogni e le aspettative sociali. Il lavoro socialmente tutelato ha le sue ragioni, ma gli investimenti in ricerca e in sviluppo, il rischio d’impresa e il ruolo delle politiche pubbliche si misurano con la capacità di competere produttivamente in una dimensione infinitamente più grande e varia che nel passato, di rendere il lavoro un’utilità sociale di cui andare orgogliosi, una scala da salire per vedere meglio l’orizzonte, non un buco in cui ripararsi.
Abbiamo un orizzonte stretto e ravvicinato per varare alcuni provvedimenti in favore del lavoro e dello sviluppo, capaci di rimettere in moto la produzione di ricchezza nel manifatturiero e nei servizi, in particolare capace di restituire orgoglio e fiducia al Mezzogiorno italiano, e diciotto mesi di serio e responsabile lavoro prima del compimento della legislatura.
Rimettere in moto la macchina demagogica del catastrofismo e del pessimismo può essere l’istinto politicista di pochi, ma non deve essere la pratica dei molti, nella maggioranza e perfino nell’opposizione, che si rendono conto della necessità di crescere. Possiamo farcela...io ci credo!!
Saluti azzurri
Rispondo a una incauta lettrice che dimostra di avere le idee confuse quanto il suo capo Casini, e si mette a sostenere come fa Casini “gli obiettivi nobili della sinistra”:
occorre premettere che prima della discesa di Berlusconi in politica, avvenuta circa 16 anni fa, furono invitati a mettersi alla testa delle residue “forze democratiche” (dc, pli, psdi, psi, pri) l'ex Dc, On.le Mario Segni sull'onda del successo del Referendum abrogativo del 1991 con il movimento dei Popolari per la Riforma, per promuovere i referendum per la modifica della legge elettorale da proporzionale in maggioritaria.
Segni abbandonò la DC, indebolita dall'inchiesta Mani Pulite, per promuovere un referendum che cambiasse la legge elettorale. Grazie all'appoggio di alcuni leader del centrosinistra italiano, tra cui Achille Occhetto, la consultazione del '93 superò il quorum e si concluse con la vittoria del sì. In breve tempo Mario Segni divenne uno dei leader politici più amati ed apprezzati dall'elettorato italiano; secondo alcuni avrebbe potuto facilmente candidarsi come Presidente del Consiglio dei ministri.
Tuttavia Segni non seppe sfruttare il momento favorevole. Dopo questa autorevole personalità entro in gioco Silvio Berlusconi, spinto anche dalla quasi totalità degli industriali.
Il Cavaliere impedì che il Partito Comunista Italiano andasse al potere e costrinse in pochi mesi alla disfatta le armate di Occhetto; l’italia aveva bisogno di un capo (Cesare) che si occupasse di politica per respingere le forze comuniste che tramite l’operazione di una parte della magistratura, stavano per impadronirsi del potere, laddove il comunismo andava scomparendo in tutto il mondo, tranne in poche realtà.
Il Presidente del Consiglio si è occupato della Polis tanto è vero che è sulla scena politica da moltissimi anni e con risultati numerici e di consenso eccezionali, seppur come è normale che sia, con modi e tempi altalenanti.
Ma perchè prima di entrare in politica non aveva avuto nessun avviso di garanzia, invece successivamente è stato subissato da richieste di procedimenti?
Probabilmente perchè aveva sparigliato le carte che dovevano portare il PCI al potere...guarda caso l’unico partito non spazzato via da una piccola ma agguerrita e faziosa parte della magistratura.
Quando mai il capo del governo si è avvicinato alla eucarestia, essendo divorziato? Chi lo dice come fa ad affermarlo con certezza? Per farlo dovrebbero venire a mancare le due ex consorti da cui è separato!
Ma qual’è la politica che tanto piace alla sua lettrice, Egregio Direttore?
Quella di Casini non si riesce a capire: parla di allearsi con Fini e Rutelli ex radicale, che sostengono l’eutanasia e la omosessualità. E proprio di questi giorni un richiamo del cardinale Ruini sulla questione...dice che non intende allearsi con Pd Idv e Sel di Vendola (ma l’autrice della lettera “Ammirazione che sconfina nell’adorazione”....lo farebbe).
Puo’ arrivare a costruire questa “terza gamba” del 12% circa in tutto, ma certo Casini si accomodi pure.
Ma poi, con questa terza gamba dove pensa di andare?
La rincorsa del potere per il potere è un male comune di Fini e Casini, come già scritto in altra occasione, ma il Casini dei “due forni” è in giunta regionale in Campania Calabria e Sicilia e da buon pavone, si pavoneggia dicendo di essere all’opposizione.
Quando si è alleato con Berlusconi è entrato al governo e in tanti enti locali, cosa che non è avvenuta in Piemonte, da alleato con la ex Bresso del Pd, o come in Veneto, venendo sconfitto sonoramente.
Troppo comodo affermare che attuare la politica dei due forni, cioè stare di qua o di la, voglia dire riconoscere ciò che c’è di bene e di male in ogni schieramento politico. L’Udc non è stata sempre all’opposizione in questi ultimi 4 anni semplicemente perchè il potere e le poltrone lo ha cercato (e trovato) un po qui, un po la...elemosinando a destra e a manca; Del resto Casini, ex allievo di Forlani, uno che per la ricerca di una politica con la sinistra assieme a Moro Zaccagnini ecc, porto’ i residui della Dc sconfitta dai giudici della sinistra, in buona parte ad allearsi con gli ex avversari di una volta, il Pci.
La Dc ha contribuito alla “ricostruzione” dell’italia, assieme a partiti come Pli, Pri Psdi e Psi ma molti dei suoi eredi secondo me, hanno tradito i padri fondatori, quali Sturzo De Gasperi ecc.
La deteriore politica dei due forni (o del tenere il piede in entrambe le scarpe) ebbe un fautore straordinario in Andreotti, che da par suo riusciva anche a spiegare, si fa per dire, quel tipo di politica, ma i due forni per Casini sono solo bassa politica o meglio non politica, al seguito della sinistra o della destra per questioni di opportunita’ (potere).
Spero di non dover tornare piu su questi argomenti, perchè non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, ne peggior cieco di chi non non vuol vedere.
Come al solito anche le parole pronunciate sulla scuola pubblica sono state travisate e rovesciate da una sinistra alla ricerca, pressoché ogni giorno e su ogni questione possibile, di polemiche infondate, strumentali e pretestuose.
Desidero chiarire senza possibilità di essere frainteso, la mia posizione sulla scuola: il Governo Berlusconi ha avviato una profonda e storica riforma della scuola e dell'Università, proprio per restituire valore alla scuola pubblica e dignità a tutti gli insegnanti che svolgono un ruolo fondamentale nell'educazione dei nostri figli in cambio di stipendi ancora oggi assolutamente inadeguati.
Questo non significa non poter ricordare e denunciare l'influenza deleteria che nella scuola pubblica hanno avuto e hanno ancora oggi culture politiche, ideologie e interpretazioni della storia che non rispettano la verità e al tempo stesso espropriano la famiglia dalla funzione naturale di partecipare all'educazione dei figli. Le parole del premier, perciò non possono essere in alcun modo interpretate come un attacco alla scuola pubblica, ma al contrario come un richiamo al valore fondamentale della scuola pubblica, che presuppone libertà d'insegnamento ma anche ripudio dell'indottrinamento politico e ideologico.
Educare i figli liberamente vuol dire non essere costretti a mandarli in una scuola di Stato dove ci sono degli insegnanti (in stragrande maggioranza di sinistra, come è del resto da tutti risaputo...)che vogliono inculcare dei principi che sono il contrario di quelli che i genitori magari vogliono inculcare ai loro figli educandoli nell'ambito della loro famiglia. Si tenga conto che non tutti hanno piacere che ai propri figli siano inculcati valori che, vivaddio, non sono stati dalla famiglia stessa "scelti" come valori di riferimento ma da insegnanti che fanno politica...
Cordialmente
Giuseppe Sagliocco
Popolo della Libertà - Lodi
giuseppe.sagliocco@gmail.com