mercoledì, febbraio 15, 2012

Per il Quirinale i Decreti di Monti valgono più di quelli del Cav.



Analizzando bene i fatti, si può agevolmente accorgersi che le materie trattate nei tre decreti varati da dicembre 2011 a oggi dal governo Monti, nonché la natura e le finalità delle norme erano nella sostanza già state previste nel Decreto Romani-Brunetta-Calderoli. Si rammenta a chi non sa o fa finta di non sapere, e in particolare quindi a sinistra, che tale Decreto, presentato all’ Odg del Consiglio dei Ministri del 2 novembre 2011 non ha mai visto la luce per la opposizione del solito Quirinale…Chiarito e precisato questo, ricordo anche che quello stesso Consiglio dei Ministri trasferì parte dei contenuti del Decreto in un maxi-emendamento alla Legge di Stabilità. Questi i fatti.


La cronologia degli eventi parte dalla Manovra di luglio, ad agosto ci fu la lettera della Bce all’Italia seguita dalla Manovra di agosto, che avrebbe portato alle prime formulazioni ed elaborazioni del Decreto Romani-Brunetta-Calderoli tra settembre e ottobre 2011. Successivamente a ottobre vi fu la lettera stavolta dell’Italia alla Bce e infine il 2 novembre è stato portato il Decreto Sviluppo in Consiglio dei Ministri.
In sostanza, il 70% delle misure adottate da “SuperMario” facevano parte del pacchetto Sviluppo del Cavaliere, come detto prima affossato dal Quirinale!


Come noto, contrariamente a quanto invece con il nuovo governo fa, il Presidente della Repubblica considerava privo dei requisiti di necessità e urgenza richiesti quel Decreto. Oggi l’uso del decreto-legge è da considerarsi quantitativamente eccessivo, per la esistenza, differentemente dal passato, di una maggioranza parlamentare vastissima a sostegno del governo Monti.


Va aggiunto che i tre decreti approvati dal governo Monti rinviano frequentemente a provvedimenti successivi in merito alla propria concreta efficacia, inoltre sono fortemente disomogenei nell’oggetto, disomogeneità spesso superiore a quella eccepita per il decreto Romani-Brunetta-Calderoli. C’è da domandarsi dunque per quale motivo il Presidente della Repubblica abbia operato una valutazione discrezionale così diametralmente diversa tra l’ultimo decreto del governo Berlusconi e i primi tre del governo Monti.


Da una sovrapposizione quali-quantitativa tra i diversi decreti emerge una corrispondenza del 50% sia di materie che di contenuti. Tutto ciò non può non far riflettere sul ruolo discrezionale del Presidente della Repubblica in quel fatidico 2 novembre, e provoca il rammarico che, se adottate all’epoca, quelle misure avrebbero potuto evitare che la situazione politica ed economica precipitasse copme poi è avvenuto. L’impossibilità di adottare il decreto-legge costrinse il governo a ripiegare su un maxi-emendamento alla legge di stabilità, il quale fu però necessariamente depotenziato ; resta il fatto che dal 50 al 70% delle misure allora progettate sono state poi riprese dal successivo esecutivo. E che esse sarebbero state approvate molto tempo prima se ciò fosse stato consentito al governo Berlusconi. Ma così non fu……


Giuseppe Sagliocco

martedì, febbraio 07, 2012

Tutti i nodi del Pd vengono al pettine

Tutti i nodi vengono al pettine, anche quelli del Pd. Conseguenza di quello che è il suo peggior vizio: l’ipocrisia.

Dopo la ricetta Monti, «tasse e ancora tasse», ogni tesi o accusa del Pd è strumentale ed è usata ipocritamente solo per raggiungere l’obiettivo che sta a cuore al partito. La vecchia logica comunista riveduta. E questi cambi repentini non sono mai preceduti da un mea culpa, da una riflessione politico-culturale.Lo scorso anno Bersani & company, concentrati nella crociata pseudomoralistica contro le donnine di Arcore, hanno esaltato in funzione anti Cav una serie di argomenti che avevano come bersaglio il nostro Paese.

All’epoca, infatti, per il Pd le agenzie di rating erano oracoli infallibili che bisognava ascoltare, la politica egoistico-rigorista tedesca un riferimento europeista, lo spread un giudizio di Dio sui governi europei. Insomma, tutto l’armamentario che andava bene per far fuori il Cavaliere, a costo di ridicolizzare il buon nome del Belpaese, era lecito, anzi andava più che bene. Ecco perché andiamo incontro in tempi brevi a una grave crisi di credibilità che può essere risolta nell’unico modo possibile: le elezioni.La rivoluzione liberale che il centro-destra non è riuscito a compiere, e non per colpa di Berlusconi: l’impossibilità di passare dalle intenzioni ai fatti e’ il limite gravissimo del nostro sistema bloccato.

E ancora. Il clima di ostilità totale della macchina da guerra di media, magistratura e opposizione demonizzante.Con Berlusconi presidente del consiglio, i contenuti del suo messaggio politico non avevano importanza alcuna. I media si occupavano ossessivamente soltanto della sua persona.Se la sinistra avesse un minimo di onestà intellettuale, dovrebbe riconoscerlo: oggi siamo tutti berlusconiani. Il centro-destra non è riuscito a portare ad applicazione la propria agenda di riforme. Non ce l’ha fatta per la reazione sproporzionata dei poteri di veto, che trovavano una sponda forse inconsapevole ma complice nell’opinione pubblica informata.

Il berlusconismo avrà perso la battaglia politica, ma ha vinto quella culturale.Il Cavaliere ha fatto tombola: ha dimostrato che il problema è europeo assai più che italiano, ha evitato la guerra civile che si sarebbe scatenata se sotto la sua presidenza l’Italia fosse stata declassata di due punti, se ne sta tranquillo a cuccia facendo la bella figura del leader di una maggioranza che si è sacrificato nell’interesse del Paese, ha tolto i suoi processi dalle prime pagine e se tra qualche settimana anche quello Mills andrà prescritto prima della sentenza di primo grado non vedremo l’esercito nelle strade…e scusate se è poco!!


Giuseppe Sagliocco

Iscritto Popolo della Libertà - Lodi