Non c'è contraddizione tra il presidente della Repubblica, che rende onore al merito, e il presidente del Consiglio che denuncia i guasti recati dalla malagiustizia al funzionamento dello Stato democratico. Sono modalità diverse, entrambe necessarie, di affermazione del principio della leale collaborazione tra le istituzioni preposte al buon funzionamento della cosa pubblica (e quindi anche alla promozione delle riforme necessarie). Pretenderle in contraddizione tra loro, sia pure nei fumi polemici di una campagna elettorale amministrativa ricca di significato politico, sarebbe come contestare,in Francia, al generale De Gaulle la repressione dei "soldati perduti" in rivolta contro la Repubblica. Erano gli stessi soldati autori del sollevamento che aveva spianato la via al rinnovamento di quella democrazia francese, ma poi non erano stati capaci di "rientrare nel dovere". Ce n'è abbastanza da legittimare l'esigenza della inchiesta parlamentare, ventilata da Berlusconi, sui deragliamenti nell'interesse privato, o corporativo, dell'amministrazione della giustizia. Deragliamenti che conducono alcuni magistrati a fungere da contropotere, oggettivamente eversivo, rispetto all'ordinamento democratico.
Difficile negare al presidente Berlusconi il dovere di difendere l'istituzione che rappresenta dall'insistente tentativo, articolato in ventiquattro processi campati in aria dal giorno del suo ingresso in politica, di surrogare con l'iniziativa giudiziaria la devastante miscela di handicap, contestata dallo stesso Napolitano, che inibisce all'opposizione di sinistra una efficace partecipazione al gioco democratico.
Onore ai magistrati che lo meritano, e anche al governo che fa il suo dovere.
Giuseppe Sagliocco
Direttivo cittadino Pdl - Lodi
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