giovedì, gennaio 31, 2013

Fascismo e Mussolini, la storia va raccontata tutta!!


Da De Felice in poi, quel giudizio articolato di Berlusconi sul fascismo e su Mussolini si è affacciato perfino nella storiografia più di sinistra, in base alla constatazione che il regime del Duce godette a lungo di un reale consenso popolare, fino al punto di indurre, al suo culmine e cioè in occasione della “conquista dell’Impero”, i comunisti di Togliatti ad inviare ai “fratelli in camicia nera” una calorosa lettera aperta in cui si rimarcavano i tratti comuni delle rispettive ideologie.

L’orrore delle “leggi razziali”, comunque infami, non produsse nel nostro Paese alcuna incarcerazione o assassinio finchè l’Italia ancora sabauda detenne la sovranità reale sul proprio territorio, tant’è che l’eroico Questore di Fiume Palatucci salvava gli Ebrei dell’Est facendoli entrare nel nostro Paese mentre Giorgio Perlasca, che fingendosi Console spagnolo ne salvò circa 5000 a Budapest, era un fascista convinto e quando morì votava MSI.

La genesi stessa della seconda guerra mondiale è molto più addebitabile ai danti causa di Bersani e Vendola che a quelli di Storace e La Russa: essa infatti inizia con l’ accordo tra la Germania nazista e l’URSS comunista per la spartizione della Polonia, con l’Italia che ci entra, sbagliando dico io, quasi un anno dopo, quando erroneamente sembrava che fosse già finita con il trionfo di Hitler. Aushwitz parte da lì.

Ciò detto, l’eredità del fascismo non può essere circoscritta ai pochi galantuomini che non la rinnegarono, ma è ampiamente ripartibile tra tutte le aree politico-culturali esistenti. La sinistra, per esempio, può riconoscersi nel sistema del Partito unico mutuato da Lenin, in una legislazione sociale di assoluta avanguardia per la sua epoca, nella genesi delle “Partecipazioni statali”, nonché nel livore anti-occidentale dell’ultima fase, culminata nella Carta di Verona, dalle fortissime inclinazioni collettivistiche.

Il fascismo nasce a sinistra, aspira alla sinistra nelle utopie del suo “movimento” e muore a sinistra in una Repubblica non a caso auto-definitasi “Sociale”, tant’è che i giovani intellettuali allevati da Bottai non faticarono molto per passare dalle camicie nere alle bandiere rosse. Dario Fo, per esempio, era una recluta della RSI. Ciò spiega l’amnistia di Togliatti, che puntava ad assumere di quell’eredità quanto più possibile.

Se poi risaliamo agli inizi del regime, ci imbattiamo in un “biennio rosso” che lo alimentò, in un Parlamento liberamente eletto che lo legittimò, ed in un successivo trionfo elettorale che lo confermò, rendendo inutile anche la famigerata legge-Acerbo e ad onta anche dell’eroica contestazione di Matteotti.


Ciò non lo assolve dai suoi misfatti e dai suoi errori, che rendono il suo saldo assolutamente negativo, ma la storia va raccontata tutta.


Giuseppe Sagliocco - Lodi

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